"La Prigioniera del silenzio" Valeria Montaldi - Voto 3/5

La scelta del libro
Ho scelto questo romanzo per la mini challenge a cui sto partecipando organizzata dalle ladre di Libri al centro del Caos.
Il tema assegnato per il primo obiettivo: romanzo storico ambientato nel Medioevo.
Il poco tempo a disposizione per trovare il libro giusto in biblioteca ha fatto ricadere la scelta su questa autrice, che non conoscevo, di cui ho trovato diversi testi disponibili  tutti storici ed ambientati nel Medioevo. Una sorpresa!



La trama
La storia è ambientata a Venezia, principalmente, ma anche tra  Chioggia e Lucca, nel periodo storico  che va dal 1327-1328 nella prima parte e poi 1348, nella seconda parte, anno della peste che decimò la popolazione veneziana.
Le protagoniste sono due donne, diverse per estrazione sociale ma accomunate da un destino unico. Giulia, ricca e giovane patrizia che rimane incinta di un  commerciante di stoffe ebreo, Samuel, e Nicoleta figlia di un umile carpentiere che rimarrà incinta dopo una violenza sessuale.
In un'epoca in cui è forte la divisione delle caste  ed in cui è ancora più forte il ruolo subalterno delle donne, che non possono decidere, la Montaldi ci narra le vicende di queste due protagoniste destinate a rinnegare i propri figli ma anche e soprattutto a rinnegare la propria vita per espiare una colpa  indelebile: essere diventate madri attraverso rapporti inaccettabili per la società del tempo.
Con un'abile costruzione della trama l'autrice intreccia le storie di Giulia e Nicoleta e di tutti i personaggi che ruotano intorno.

Il mio punto di lettura
Di questo romanzo storico ci sono state delle cose che ho apprezzato ed alcune altre che invece mi hanno fatto storcere il naso.

La Montaldi ha uno stile che si lascia leggere e le 425 pagine scorrono senza pausa. Capitoli corti, eventi che si susseguono velocemente, ritmo incalzante trama ben organizzata. Come un marionettista l'autrice muove magistralmente i fili dei personaggi spostandosi da un luogo all'altro, da un evento all'altro portandosi dietro il lettore-spettatore.

Molto precisa la ricostruzione del periodo storico attraverso le descrizioni di una Venezia del 1300 città di mercanti, di commercio, di marinai, città ricca e promiscua, consumata dagli uomini e dall'avidità, dal denaro che compra qualsiasi cosa, dagli accordi segreti tra patrizi e religiosi per difendere il ruolo, il casato, la reputazione.
Le descrizioni,  mai eccessive, dei luoghi, delle vesti, dei mestieri di un tempo (setai, speziali, pellicciai, speziali), delle gerarchie sociali e religiose (ebrei e cristiani), l'uso di termini tecnici (scanno, cesendello, calle, etc. ) dimostrano le conoscenze e lo studio attento fatto dell'autrice che cita le fonti nelle ultime pagine.
Nella lettura mi sono immersa nella Venezia dei dogi, delle confraternite religiose, in un'atmosfera decadente, oscura, che prorompe soprattutto nella seconda parte ambientata nel 1348 l'anno della peste. Qui l'autrice ci descrive le deformità e la morte che l'epidemia portò nella città.
Le storie di Giulia e Nicoletta si dipanano su questo sfondo, due donne vissute in periodo storico che non ammetteva nessun errore, in una società  pronta ad additare e punire  con estrema facilità le donne per il solo fatto di essere nate femmine. Giulia e Nicoleta hanno "peccato",  una volontariamente per voluttà, l'altra subendo la voluttà altrui.
Il romanzo lascia molo più spazio alla figura di Giulia, giovane, bella, ricca, forte ma non abbastanza da affrontare l'odio della società. La storia di Nicoleta rimane in secondo piano, quasi a fare da spalla a quella di Giulia, vera  protagonista.
Il destino darà ad entrambe la possibilità di riscattarsi, di riprendersi una dignità  tolta con violenza, in un percorso fatto di sofferenza.

È fin qui tutto bene. Durante la lettura, però, non ho apprezzato i tanti, troppi, personaggi che vengono inseriti per renderci la colorata e poliedrica varietà umana veneziana, ma soprattutto non ho apprezzato le descrizioni dettagliate dei pensieri dei personaggi, avrei preferito in alcuni punti meno parole per lasciare  spazio all'intuizione del lettore che viene guidato non con una, ma con ben due mani nella lettura, quasi come se fosse cieco. Ho avuto  l'impressione che la scrittrice, per farci entrare dentro alla storia, ci abbia  voluto dire troppo togliendo la possibilità, a chi legge, di costruire   i personaggi  attraverso il non detto.

Il bilancio finale rimane comunque positivo

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