Recensione 11: "Cambiare l'acqua ai fiori" di Valérie Perrin 4 +++ / 5

Ho due guardaroba, uno lo chiamo "inverno" e l'altro "estate", ma non c'entrano le stagioni, c'entrano le circostanze. L'armadio inverno contiene solo vestiti classici e scuri destinati agli altri, l'armadio estate solo vestiti chiari e colorati destinati a me stessa. Indosso l'estate sotto l'inverno, e quando sono sola mi tolgo l'inverno.



Valérie Perrin



Scelta del libro
Il romanzo della Perrin è arrivato come regalo di Natale, su mia espressa richiesta.  E' stato proposto come  lettura di gruppo, per il mese di marzo, dalle pagine: Ladre di libri al centro del caos, Leggere è viaggiare e dal gruppo Libri itineranti, è bastato prenderlo dallo scaffale.

Trama
Il mio presente è un dono dal cielo  questo ci dice Violette Toussaint nelle prime pagine del libro, una bella affermazione per una che era stata dichiarata: nata morta, bambina senza vita e senza cognome.
Violette ha passato la vita a fare la custode, custode di un passaggio a livello ed ora custode di un cimitero ed è qui che la troviamo quando inizia a raccontare la sua storia.
Violette vive in una casa nel cimitero, una casa che ha due entrate: una dal cimitero, da cui arrivano i visitatori dei defunti per comprare fiori e fare due chiacchiere nella cucina essenziale e spoglia da qualsiasi orpello, ed un'altra entrata dalla strada dove si trova il giardino e l'orto  in cui Violette passa parte delle sue giornate a dare la vita, attraverso i gesti del seminare, innaffiare, raccogliere ogni anno.
Le stesse attenzioni che Violette dedica all'orto, fonte di nuova vita, le dedica alle tombe, ai morti ed alle persone che rimangono a ricordare i defunti, facendo molto di più di quello che prevede il suo ruolo perchè Violette è  la custode della memoria, del ricordo che tiene in vita i morti.
A Violette piacciono le cose belle: apparecchiare con piatti di porcellana, con tovaglie di cotone, bicchieri di cristallo e posate d'argento. Le piace il colore rosa, il profumo di rosa.  A Violette piace la vita come è oggi ma non è sempre stato così, c'è stato un tempo in cui era infelice,  addirittura  annientata, inesistente, svuotata.
Nelle 470 pagine l'autrice ci regala la storia di Violette e la storia delle persone che hanno vissuto insieme a lei la storia.

Il mio punto di lettura
Violette racchiude in sé la vita e la morte e tutto il libro è una celebrazione di queste due Signore che  vanno sempre a braccetto. In alcuni casi la morte la fa da padrone togliendo quando non dovrebbe, in altri restituisce  le anime di chi è rimasto alle anime di chi se ne è già andato, in altri ancora attraverso la morte si comprende la bellezza della vita nell'essenziale, come dice la protagonista. 

Tra la vita e la morte c'è la memoria C'è qualcosa di più forte della  morte, ed è la presenza degli assenti nella memoria dei vivi
Violette ha un taccuino dove riporta le descrizioni delle inumazioni in modo che chi non ha potuto partecipare alla funzione potrà leggere il suo racconto. Memoria. 
Chi resta  racconta a Violette gli aneddoti, gli amori, il carattere, alcuni dettagli di chi non c'è più, a volte reinventandoli. Memoria. 
Il racconto di Violette e della sua vita è una memoria che ci restituisce per non dimenticare. 
Gli stessi titoli dei capitoli, che all'inizio mi hanno fatto  incaponire perché né cercavo una relazione con il capitolo stesso, sono una celebrazione della memoria, ma anche della vita e della morte.

Il libro è tanto,  non per il numero delle pagine che scorrono veloci, bensì per il contenuto. Il lettore è come se fosse davanti  ad una matrioska: dentro ad una storia ce n'è un'altra e poi un'altra e poi un'altra ancora, la storia di Violette, la storia di chi le è accanto, le storie dei defunti, attraverso i vivi e tutte queste storie creano una voce corale.

Ci sono pagine di una poesia sconcertante, pagine e pagine di delicata malinconia e addirittura parti ironiche che mi hanno fatto sorridere. L' autrice in questo è stata bravissima perché credo che la delicatezza e l'ironia siano le uniche modalità per affrontare  il  senso di vuoto che lascia una perdita. 
E poi ho trovato pagine forti, violente e in alcuni passi addirittura lascive. Attraverso la scrittura duttile della Perrin, che passa dalle tinte delicate a quelle scure in un girar di pagina, mi sono emozionata entrando in empatia con il libro, come non farlo. 

Un' unica cosa mi ha fatto storcere il naso: l'utilizzo degli elenchi. L'autrice utilizza spesso questa modalità di mettere in fila le parole una dietro l'altra per offrirci: nomi, date, cose, per descrivere sentimenti, azioni, esiste un elenco per tutto ed in alcuni punti l'ho trovato eccessivo, ma si tratta di un  giudizio personale sullo stile, perché   il libro si fa leggere da solo, anzi lo consiglio con accanto qualche fazzoletto, né vale la pena per scoprire se Violette ha perdonato la morte, accettato l'assenza, riconciliandosi con il passato.


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