Recensione nr 12: "I ragazzi della Nickel" Colson Whitehead 5/5

Lo stato aveva aperto la scuola nel 1899, con il nome di Florida Industrial School of Boys.  [...]
I ragazzi venivano chiamati studenti, anziché detenuti, per distinguerli dai criminali violenti che popolavano le prigioni. I criminali violenti, aggiunse Elwood, facevano tutti parte del personale.


Francesca, punto di lettura


Scelta del libro
Scelto dal gruppo di lettura del circolo  della biblioteca Franco Basaglia per l'incontro mensile. Il libro partecipa alle due challenge: Viaggio al centro del caos e Challenge 2.0

Trama
Turner, Griff, Lonnie, Black Mike, Desmond, Pat, Jaime sono alcuni dei ragazzi della Nickel, i protagonisti di questa agghiacciante storia.
La Nickel Academy è una delle tante scuole riformatorio sorte nella Florida degli anni Sessanta, dove  vigevano le leggi sulla segregazione dei neri.

La scuola ufficialmente aveva il compito di riabilitare i giovani attraverso una formazione culturale e morale  per prepararli alla vita adulta da buoni cittadini. Accoglieva ragazzi fino ai diciotto anni, sia bianchi che neri, con problemi di comportamento ed aggressività che si macchiavano di reati di scarsa importanza.
Ufficiosamente era un luogo di prigionia, prevaricazione, violenza, oppressione, sevizie, sotto il controllo di un sovrintendente Maynard Spencer. Le parole d'ordine per poter sopravvivere erano: lavoro, comportamento, dimostrazioni di ubbidienza, docilità
La scuola era organizzata per gradi: si comincia da Mulo, poi si passa ad Esploratore, Pioniere e infine Asso. La buona condotta permetteva di passare di livello per diplomarsi e poi uscire.
La cattiva condotta comportava una punizione che poteva prevedere, nel caso più fortunato, una visita  notturna all'edificio della Fabbrica del Gelato, come veniva chiamato dai neri o Casa Bianca come lo chiamavano i bianchi, per assaggiare la bellezza nera, oppure nella peggiore ipotesi una visita al posto che non ha un nome ma che viene indicato dai ragazzi con due parole: lì dietro, da dove si usciva solo per essere portati alla collina degli stivali.

Elwood Curtis si trova al posto sbagliato nel momento sbagliato, la sua vita cambia per aver accettato un passaggio che lo avrebbe dovuto portare a visitare il nuovo College, il sogno della sua vita, e che invece lo spedisce alla Nickel.
Elwood è un ragazzo paziente, meticoloso, solerte, cresce con la nonna Harriet  che lo educa con severità, cresce ascoltando le prediche di Martin Luther King attraverso un disco ricevuto come regalo di Natale,  un disco pieno di idee che costruiscono in Elwood il codice etico su cui si basa la  visione del mondo e dell'uomo, peccato che questo codice incontri e si scontri con quello della Nickel. 

Il mio punto di lettura
La lettura non è stata facile. Ogni volta che prendevo in mano il libro era come se mi sedessi su una sedia scomoda, ed è così. Questa storia è scomoda per chi la legge, per chi l'ha vissuta, per chi sapeva e non ha fatto nulla, per il  silenzio in cui si è svolta. 

Colson Whitehead con una scrittura pulita, asciutta, con citazioni puntuali, in sole 200 pagine  costruisce un'opera di fantasia  ispirandosi a fatti realmente accaduti nella Dozier School for Boys di Marianna in Florida. E non manca nulla.

Questi giorni di limitazione delle nostre libertà di movimento e di relazione hanno coinciso con una lettura che va oltre quello che ci sta accadendo, Colson Whitehead ci racconta di come l'uomo possa arrivare a cancellare il futuro a cui tutti abbiamo diritto per nascita.
I ragazzi che riescono a sopravvivere, escono dalla Nickel  trasformati. Il loro animo vira verso la parte peggiore di loro stessi e sono predestinati  ad una vita di violenza, di distruzione, di sregolatezza ed eccessi mentre avrebbero potuto essere e diventare qualsiasi altra cosa.

In questo scenario si colloca Elwood Curtis e la sua resistenza, tutt'altro che fisica. Elwood ha una resilienza spirituale che si fonda sui quei codici etici sanciti dal pastore King: Elwood non vale meno di nessun altro.
Mi ha colpito la determinazione, la capacità di sopportazione del protagonista, il suo modo unico di gridare: io mi ribello.
Elwood è una pietra grezza con tutti i presupposti per trasformarsi in un diamante: Turner non aveva mai conosciuto un tipo come Elwood. La parola che gli veniva in mente era resistente [...] Portava occhiali che ti veniva voglia di schiacciare sotto i piedi come una farfalla. Parlava come uno studente universitario bianco, leggeva libri anche quando non doveva e ci cascava dentro in cerca dell'uranio per la sua personale tomba.
Poco importa se la sua mente si concentra sulle azioni da svolgere per passare di grado o sulle parole di M. L. King rievocate dal disco di Natale o sulla lettura di libri trovati per caso o  sul pensare alla vita oltre gli edifici della Nickel, o ancora sull'escogitare un modo per distruggere il sistema,   finché la sua mente era in grado di viaggiare sarebbe stato libero.

La  forza morale di Elwood emerge prorompente  nell'epilogo finale ed anche ora mentre scrivo la sento forte, sotto la pelle e rabbrividisco.

Solo il silenzio può spezzare Elwood Curtis. Silenzio sulla scomparsa di quei ragazzi. Silenzio degli studenti carcerati. Silenzio dei pochi conoscenti e familiari delle vittime. Silenzio della stampa. Silenzio delle autorità.
Quel ragazzo non aveva mai ricevuto altro che silenzio. "Io mi ribello" dice, e il mondo resta in silenzio. Elwood con i suoi fini imperativi morali e le sue finissime idee sulla capacità di miglioramento degli esseri umani. Sulla capacità del mondo di correggersi.


Elwood Curtis mi è rimasto dentro, così come  il dolore e la vergogna. 
Consiglio la lettura a tutti per spezzare il silenzio che ha accompagnato questa storia per tanti anni.

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