Recensione 31: "La ragazza nella nebbia" di Donato Carrisi 4/5
Il peccato più sciocco del diavolo è la vanità... Ma in fondo che gusto c'è ad essere il diavolo se non puoi farlo sapere a nessuno.
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Edizione cartacea 2015 - Pag. 373 |
Carrisi costruisce la trama con l'alternanza degli archi temporali rispetto al punto zero. Una tecnica che nei thriller e non solo apprezzo sempre. Si parte dalla fine, sessantadue giorni dopo la scomparsa, da qui i capitoli si alternano su e giù, prima e dopo la data del 23 dicembre. Un balletto continuo per il lettore, ogni prima e dopo viene descritto attraverso gli occhi di Vogel e di Martini. Le pagine equamente divise accompagnano il lettore nella raccolta degli indizi, nella loro organizzazione mentale per trovare le risposte: cosa è successo ad Anna Lou? Chi l'ha rapita? È ancora viva?
Ho provato per i due protagonisti sentimenti alternati. Per Voguel un misto di ammirazione e disgusto; per il professore un misto di pietà, per il modo brutale in cui viene distrutta la sua vita dall'opinione pubblica e paura latente, perché fino alla fine non si è poi così sicuri della sua innocenza. Qua e là troviamo piccolissimi dettagli, alcuni per me inquietanti, che fanno dubitare dell'irreprensibile professore, per poi riportarlo al ruolo di vittima sacrificale. Carrisi costruisce due figure molto simili che si incontrano e scontrano, due peccatori con un grosso difetto, la vanità, il tallone di Achille.
In questo thriller oltre alla storia mi sono trovata a riflettere su un tema molto attuale: il peso che hanno i mass media nella genesi di un giudizio nei casi di violenza o morte efferata. Il pernicioso interesse del pubblico per questi casi è il fratello della mia pruriginosa curiosità. L'opinione pubblica può condannare o scagionare un imputato molto, molto tempo prima che ci sia un processo chiarificatore degli eventi. E allora cosa succede alla vita di coloro che sono accusati quando sono sotto le luci dei riflettori? Il giudizio uccide prima che sia dichiarato colpevole o innocente e se poi si scopre l'innocenza non c'è risarcimento che possa colmare la perdita della dignità, della libertà, della vita. Forse non siamo tanto diversi da chi lapida perché di sicuro non vengono tirati sassi con un peso specifico, le ferite non sono evidenti, ma quando l'opinione pubblica ha deciso le pietre invisibili fatte di parole, talk show, interviste, notizie martellanti, fanno danni ben più peggiori.
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