Recensione 31: "La ragazza nella nebbia" di Donato Carrisi 4/5

Il peccato più sciocco del diavolo è la vanità... Ma in fondo che gusto c'è ad essere il diavolo se non puoi farlo sapere a nessuno.

Recensione, punto di lettura

Edizione cartacea 2015 - Pag. 373


La trama
Anna Lou il 23 dicembre saluta la mamma, esce di casa diretta all'oratorio, con la tuta grigia, le sneakers, il piumino bianco, lo zaino, le cuffiette del lettore mp3 nelle orecchie  e  scompare nel silenzio assoluto, inghiottita dalla nebbia. Nessuno ha sentito o visto nulla nonostante nel piccolo paesino di Avechot, sulle Alpi, si conoscono e si osservano tutti. 
Per ritrovarla si mobilita l'intero paese e non solo. A dirigere le azioni arriva l'agente speciale Vogel che organizzerà le operazioni a modo suo. Un agente particolare, a tratti ambiguo, con la mania dei vestiti, delle scarpe, rigorosamente abbinati che lo rendono impeccabile. L'agente è famoso per trasformare ogni indagine di cui si occupa in un caso mediatico. Si muove e agisce all'interno di un'architettura attentamente studiata. Ricerche, comunicati pubblici, interrogatori sono tutte azioni finalizzate al coinvolgimento dei mass media, l'informazione era una risorsa - l'informazione era oro. Perché alla gente non interessa la verità, interessa solo trovare un colpevole che riporti la vita a come era prima della tragedia ed il nostro agente lo ha imparato da giovanissimo. Quando arriva  l'attenzione della pubblica opinione arrivano anche i soldi da utilizzare per le ricerche e la notorietà. Vogel, vittima egli stesso di questo ingranaggio, è reduce da un caso che lo ha messo in cattiva luce ed ora la scomparsa di Anna Lou  è una carta da giocare con astuzia per riabilitare la sua immagine, la sua fama e ridare lustro alla vanità. 
Partendo dal suo intuito scoverà il materiale da dare in pasto  ai mass media  che a loro volta  offriranno lo spettacolo al pubblico, giudice implacabile, spietato, fallibile. Ad Avechot il capro espiatorio viene trovato: il prof. Loris Martini. Colpevole o innocente poco importa per tutti è lui l'uomo della nebbia. 


Il mio punto di lettura
È il secondo libro che leggo di Donato Carrisi e non c'è niente da fare questo scrittore mi tiene incollata alle pagine per effetto di una pruriginosa curiosità e per la scrittura.

Carrisi costruisce la trama con l'alternanza degli archi temporali rispetto al punto zero. Una tecnica che nei thriller e non solo apprezzo sempre. Si parte dalla fine, sessantadue giorni dopo la scomparsa,  da qui i capitoli si alternano su e giù, prima e dopo la data del 23 dicembre. Un balletto continuo per il lettore, ogni prima e dopo viene descritto attraverso gli occhi di Vogel e di Martini. Le pagine equamente divise accompagnano  il lettore nella raccolta degli indizi, nella loro organizzazione mentale per trovare le risposte: cosa è successo ad Anna Lou? Chi l'ha rapita?  È ancora viva? 

Ho provato per i due protagonisti sentimenti alternati. Per Voguel un misto di ammirazione e disgusto; per il professore un misto di pietà, per il modo brutale in cui viene distrutta la sua vita dall'opinione pubblica e paura latente, perché fino alla fine non si è poi così sicuri della sua innocenza. Qua e là troviamo piccolissimi dettagli, alcuni per me inquietanti, che fanno dubitare dell'irreprensibile professore, per poi riportarlo al ruolo di vittima sacrificale. Carrisi costruisce due figure molto simili che si incontrano e scontrano, due peccatori con un  grosso difetto, la vanità, il tallone di Achille. 

In questo thriller oltre alla storia mi sono trovata a riflettere su  un tema molto attuale: il peso che hanno i mass media nella genesi di un giudizio  nei casi di violenza o morte efferata. Il pernicioso interesse del pubblico per questi casi è il fratello della mia  pruriginosa curiosità. L'opinione pubblica può condannare o scagionare un imputato molto, molto tempo prima che ci sia un processo chiarificatore degli eventi. E allora cosa succede alla vita di coloro che sono accusati quando sono sotto le luci dei riflettori? Il giudizio uccide prima che sia dichiarato colpevole o innocente e se poi si scopre l'innocenza non c'è risarcimento che possa colmare la perdita della dignità, della libertà, della vita. Forse non siamo tanto diversi da chi lapida perché di sicuro non vengono tirati sassi con un peso specifico, le ferite non sono evidenti, ma quando l'opinione pubblica ha deciso le pietre invisibili fatte di parole, talk show, interviste, notizie martellanti, fanno danni ben più peggiori. 

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