Recensione 32: "Se ami qualcuno dillo" di Marco Bonini 4 su 5

Chi lo dice che l'ereditarietà sia solo una questione genetica? Si ereditano anche una casa, una macchina, i debiti. L'eredità è un lascito. E, in ogni caso, chi ci assicura che l'ereditarietà genetica non diventi genetica per cause non genetiche?


Edizione cartacea  2016 - pag. 271

La trama
Sergio, Alba, Marco, Giulio sono una famiglia normale, ordinariamente felice, una famiglia borghese che  dal poco avuto in eredità dai propri genitori riesce a guadagnare un posto nella gerarchia sociale: un lavoro fisso per entrambi i genitori,  l'acquisto di una casa a via Valentino Mazzola nr 10  nella grande capitale, Roma.

Ma il problema si nasconde infame proprio nelle pieghe oscure di tutti quei comportamenti ordinari.  Il padre Sergio in casa si è sempre comportato da imperatore. Un uomo forte, virile, eroico, di una sola parola, che non cede a smancerie, abbracci, baci  perché <<No Marco tra maschi non si fa>>; <<Tra maschi è vietato>>; << 'ste  cose falle co' tu' madre che je piacciono tanto, 'ste smancerie da femminucce>>.   Un padre che veste gli abiti del bullo, tramandati di padre in figlio: l'uomo non aiuta in casa, l'uomo non ha debolezze, gentilezze  e le donne è meglio lasciarle sta che so solo fregature.
Di contro Alba assolve il ruolo di regina soldato, morigerata, indefessa,  organizza tutta la sua giornata sezionandola in tanti impegni quante sono le richieste che arrivano dall'esterno: lavoro, casa, figli, marito. Sempre in prima linea, con il costume  da crocerossina cucito addosso,  spinta da un unico comando: se vuoi essere amata te lo devi meritare.
Ad un certo punto c'è un ammutinamento, Alba se ne va, abbandona quel posto assegnatole da generazioni di donne prima di lei e Sergio rimane solo.  Che sia per effetto della solitudine, per una ereditarietà genetica, il padre muore per lo stesso problema, ad un certo punto Sergio ha un infarto ed è ricoverato in ospedale in condizioni gravi.

Marco inizia la narrazione, in prima persona,  da qui, dal momento in cui riceve la telefonata dal fratello che lo avvisa del ricovero di Sergio.  
La sua  è una narrazione a posteriori, dieci anni dopo l'evento drammatico da cui Sergio si salverà, rinascerà come uomo nuovo, liberandosi del costume da bullo. 
La sua narrazione non prevede sangue, tragedie, uccisioni, violenze, indigenza, come ci dice nel prologo questa  è una storia ordinaria, normale, comune a tutti, o quantomeno a molti.


Il mio punto di lettura
Il romanzo di Marco Bonini è un'analisi degli stereotipi di genere. All'inizio della lettura non ero sicura di proseguirla, c'era qualcosa di stridente. Andare avanti è stata la buona scelta, il punto di vista dal lato opposto della questione. Lo stridore dettato dalla mia visione femminile del tema ha lasciato il posto all'accordo elegante delle parole con cui viene cercata, a fatica, la strada per affrancarsi dall'eredità del padre.  L' autore non si preoccupa tanto di aver ereditato la cardiopatia,  la sua preoccupazione è rivolta verso l'eredità più pesante,  quel vestito da bullo  con cui  riconosce di non sentirsi più a suo agio. Generazioni e generazioni di uomini bulli, generazioni su generazioni di donne crocerossine che involontariamente o volontariamente  passano il testimone così come lo hanno ricevuto. Silenziosamente, quotidianamente.
Sergio se ne libera con un attacco di cuore che lo porta a reimparare nuovamente tutto, una tabula rasa che gli permette di liberarsi. Anche Alba a suo modo se ne libera con la separazione, chi deve fare i conti ora è Marco e suo fratello Giulio.

Per potersi  svestire Marco passa in rassegna tutta la famiglia, i suoi nonni, i suoi genitori ed infine il suo essere padre ai giorni nostri. Il libro racconta come la lotta di genere  ha radici profonde, nella vita quotidiana, attraverso le battute, gli atteggiamenti, il non fare o il fare troppo e scivola silenziosamente dai genitori ai figli. Non basta dire di non essere d'accordo, occorre spezzare questa eredità. Il romanzo vuole essere proprio questo,  una richiesta di cambiamento, la volontà di una nuova identità di uomo. Se ami qualcuno dillo  a parole, con i fatti, con le smancerie, attraverso quei sentimenti delicati che sono patrimonio dell'umanità intera. Perché anche il maschio ha bisogno di liberarsi. 

Una lettura diversa che mi ha strappato riflessioni e sorrisi,  questi ultimi dettati  da alcuni passaggi in romano, il dialetto della mia amata città.  

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