Recensione nr 30: Il treno dei bambini di Viola Ardone 5/5 (edizione cartacea 2019 - pag. 233)

Mia mamma avanti e io appresso. Per dentro i vicoli dei Quartieri spagnoli mia mamma cammina veloce: ogni passo suo, due miei. Guardo le scarpe della gente. Scarpa sana: un punto; scarpa bucata: perdo punto. Senza scarpe: zero punti. Scarpe nuove: stella premio.  [...]
Io trascino i piedi e sommo i punti delle scarpe per far passare la paura. Conto sulle dita fino a dieci volte dieci e poi ricomincio daccapo. Quando farò dieci volte dieci, succederà una cosa bella, così è il gioco. La cosa bella fino a mo non mi è mai capitata, forse perché ho contato male i punti.

punto di lettura, recensione

Trama:
Chi non ha mai fatto, a modo suo, il gioco che fa Amerigo per  esorcizzare gli eventi, superare le paure attraverso una sfida in cui se si accumulano punti, se si raggiunge l'obiettivo capiterà una bella sorpresa  e probabilmente quel desiderio si avvererà? Io lo facevo ed è anche per questo che Amerigo mi è entrato nel cuore.

Napoli, 1946.  Amerigo Speranza, età 7 anni,  cammina dietro alla mamma. Sono diretti  dalla signorina del partito così anche lui potrà partire con il treno che porterà i bambini là sopra perché altra scelta  per Antonietta Speranza non c'è, del resto lui è un castigo di Dio, nel loro rione si vive solo di povertà e con quel treno Amerigo avrà un'opportunità.

Viola Ardone con questo libro riporta in luce un evento storico per me sconosciuto: la campagna messa in atto dal partito comunista, dal 1946,  finalizzata ad allontanare i tanti bambini del Meridione dalla miseria, dalla distruzione, dalle malattie, da una situazione di indigenza creatasi dopo la guerra ed alleviare così le fatiche delle famiglie. Bambini diretti in Emilia e non solo, accolti da altre  famiglie affidatarie per  diversi mesi.
Il treno dei bambini verso nord è pieno di vite, quelle in partenza con la 
tristezza nella pancia,  quelle ferme sulla banchina con le braccia e lo sguardo rivolti verso quei visi per l'ultimo saluto, l'ultima raccomandazione.
Il treno dei bambini di ritorno al sud non è così pieno di vite come alla partenza, qualcuna è rimasta là, al nord, dove c'è solidarietà.  Quelle che scendono all'arrivo  sono profondamente cambiate, ormai siamo spezzati in due metà, hanno lasciato chi li ha accuditi e trattati come fossero propri figli, spesso offrendo molto di più di quello che avevano alla partenza,  ritrovano sulla banchina le stesse  figure, i familiari, come se non si fossero mosse per tutto quel tempo.

Il racconto di Amerigo in prima persona è la narrazione straordinaria di questi viaggi che in una direzione e nell'altra spezzano legami e segnano la sfera emotiva.  Quella dice che ai bambini bisogna dargli un'opportunità. Io ero più contento se mi dava pane, zucchero e ricotta.

 
punto di lettura, recensione


Il mio punto di lettura:
In questo libro ho trovato tanta poesia, tantissimi periodi che cantano e incantano, anzi posso affermare con certezza che  il libro è una storia che canta e incanta. Leggerlo è un'esperienza che appaga. 
La scrittura di Viola Ardone è perfetta.  Sì, proprio io che non amo le inflessioni dialettali nei libri  ammetto che l'autrice ha fatto un scelta azzeccata. La scrittura  è materia che cambia, è parte integrante del vissuto di Amerigo, lo segue nella sua evoluzione emotiva e così quella utilizzata nelle prime pagine non sarà uguale a quella delle ultime pagine come l' Amerigo dell'inizio non sarà lo stesso della fine.

Difficile dire se la campagna comunista di aiuto e solidarietà sia stata buona o  no.  Dopo le prime sessanta pagine ho sospeso il giudizio sulla Storia e mi sono goduta la lettura, dolce amara. Le scarpe di Amerigo, il suo gioco, la vita della Napoli del dopoguerra, dove non c'è mai il silenzio perché nel vicolo mio è sempre mezzogiorno, anche la notte: la vita non smette mai pure se c'è stata la guerra;  i personaggi conosciuti con il loro soprannome tanto da dimenticarne la vera identità anagrafica; quelle espressioni dialettali con cui Amerigo descrive la madre per tutte le 200 pagine: gli abbracci non sono arte sua, fare i complimenti non è arte sua, il silenzio è arte sua in un rapporto affettivo difficile e asincrono, figlio della povertà che non lascia mai più di una scelta. 

Lettura consigliatissima  e  poi, se vi va,  andate nel web alla ricerca della Storia e delle foto dei treni della speranza con le vite  in partenza e quelle che rimangono, dall'una e dall'altra parte, in un Italia distrutta dalla guerra che cerca di risollevarsi. 

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