Recensione 33: "Stoner" di John Williams 5/5

Poi sorrise di gioia, come sull'onda di un ricordo: pensò che aveva quasi sessant' anni e avrebbe dovuto essersi lasciato alle spalle la forza di una tale passione, di un tale amore. Ma sapeva di non averlo fatto. Sapeva che non l'avrebbe mai fatto. Oltre il torpore, l'indifferenza, la rimozione, quell'amore era ancora lì, solido e intenso. [...]. Non era una passione della mente e nemmeno dello spirito: era piuttosto una forza che comprendeva entrambi, come se non fossero che la materia, la sostanza specifica dell'amore stesso. A una donna o a una poesia, il suo amore diceva semplicemente: Guarda! Sono vivo! 


Punto di lettura, Francesca
Versione cartacea, Pag. 332



Trama
Cosi cita l'incipit del libro
William Stoner si iscrisse  all'Università del Missouri nel 1910, all'età di diciannove anni. Otto anni dopo, al culmine della prima guerra mondiale,  gli fu conferito il dottorato di ricerca e ottenne un incarico presso la stessa università, dove resto a insegnare fino alla sua morte, nel 1956.
Quello che succede nella vita di Stoner è racchiuso nelle 322 pagine che vi consiglio di leggere.


Il mio punto di lettura
Mi sono avvicinata al libro con deferenza dettata dall'inconfutabile notorietà e con la solita insaziabile curiosità. Pensavo di approcciarmi ad una lettura drammatica, struggente, compassionevole. Sì la tristezza c'è, onnipresente per tutta la narrazione; della rabbia anche per l'accettazione, oltre misura, di Stoner; compassione pure per il modo in cui viene attaccato. Però chiusa l'ultima pagina quello che mi ha riempito è stata la passione, non il dolore.

L'aggettivo più usato per descrivere le azioni del personaggio è goffaggine, a cui fanno compagnia inadeguatezza, timidezza al limite del ridicolo. Stoner è letteralmente investito dall'odio del mondo esterno ed è il suo modo di rispondergli   che fa la differenza. In questo è stoico, rimane fedele a se stesso con  i modi garbati, rispettosi al limite del verosimile, discreti, silenziosi, attenti a non  creare rotture violente; con la dedizione al lavoro di insegnante; con l'amore per le parole scritte. La rabbia, l'afflizione, la disperazione, quando lo investono si sprigionano nel solo movimento delle mani, mani tremanti, mani che si serrano fino a cambiare colore e in quella prepotente curvatura delle spalle che lo obbliga a ripiegarsi su stesso. Niente altro trapela. 
Un fallimento, una vita da perdente, passiva, sottomessa, fatta di mancanze, di cui ne posso riconoscere una sola quella verso la figlia, questo appare  a chi lo osserva da fuori, ma  è dentro, tutto dentro il mondo di Stoner. La passione travolgente ne fa un personaggio indimenticabile. 
La passione che emerge dalla voce: alta e possente, ferma e piatta, con un tono perentorio, che sorprende anche lui, quando decide e va fino in fondo. La passione per la letteratura che lo fa balbettare, tremare, gesticolare, trascendere, abbandonare gli appunti durante le lezioni, perché Stoner sa che le parole scritte non lo tradiranno mai. E  la passione per  l'insegnamento, sentiva che finalmente cominciava ad essere un insegnante, ovvero un uomo che semplicemente dice quel che sa, traendo dalla sua professione una dignità che ha poco a che fare con la follia, o la debolezza, o l'inadeguatezza dei suoi comportamenti privati.

Devo avvertire il futuro lettore: con questo testo ci si trova a tu per tu con una scrittura sorprendente, brillante, eccezionale. Ho passato tutta la lettura in uno stato inebetito e passionale. L' autore riesce a fare quello che Stoner, in un passaggio del libro, pensa di non riuscire a fare. Le parole portano conoscenza, con la lettura comprendiamo quanta ce ne sia ed è con  un testo ben scritto come questo che tutto si rivela. Come dice Stoner, un'epifania. 

Alla fine del libro si potrà amare o biasimare William Stoner, si potrà provare frustrazione o rabbia ma non si potrà certo dire di non conoscerlo, nel profondo. In questa conoscenza sono stata  travolta con compostezza.

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