Rubrica : Ci provo con. Recensione 46: Un bambino chiamato Natale Matt Haig 3/5
Un bambino chiamato Natale è la storia di Nikolas, un bambino per l'appunto, che vive con il padre Joel, un boscaiolo. Ha un unico giocattolo, una bambola rapa, l'ultima cosa lasciatagli dalla mamma ed un topolino, Miika, per amico che squittisce invano perché la sua voce è talmente flebile che non si sente. Vive nella seconda casa più piccola dell'intera Finlandia, con una sola stanza, ma a lui non importava che la casa fosse così piccola, non contava, se avevi una grande immaginazione. E Nikolas ne ha, di immaginazione. Sogna folletti, gli piace ascoltare le storie sugli elfi che Joel gli racconta da sempre ed ama il Natale, anche se gli unici regali che ha ricevuto in tutta la sua vita sono stati: una slitta di legno e la bambola rapa.
Il Natale per lui è davvero speciale è il giorno del suo compleanno ed è anche il soprannome con cui lo chiamava il papà quando c'era ancora la mamma, soprannominata anche lei Briosche, la sua dolce mamma che sorrideva sempre. Non si può dire che la vita di Nikolas sia facile e gli eventi che lo attendono saranno incredibili, inaspettati, brutti, molto brutti e belli.
Tutto inizia quando il nostro piccolo protagonista decide di lasciare la sua casa per raggiungere la lontana e freddissima terra del Nord e ritrovare così suo padre. Quest'ultimo infatti mesi prima è partito con un gruppo di cacciatori alla ricerca di Elfhelm il villaggio degli elfi, lasciando Nikolas con la perfida e mostruosa zia. Guidato da una determinazione fiera, da una bontà innata, da una gioia indistruttibile, insieme al suo amico Miika, Nikolas durante il suo lungo viaggio affronterà prove difficili ed estenuanti, si ritroverà solo, infreddolito ed affamato, incontrerà la fata della verità, un troll, la renna Lampo e con occhi curiosi scoprirà Elfhelm perché per vedere una cosa devi crederci. Crederci davvero. E la prima regola degli elfi. Non puoi vedere qualcosa in cui non credi. Ma se ci credi, riuscirai a vedere ciò che cercavi.
Gli ingredienti in questa favola natalizia ci sono tutti: magia, fantasia, avventura, paura, tristezza, difficoltà, personaggi incredibili e malvagi. I disegni che accompagnano la lettura occupano spesso l'intera pagina, scelta che ho apprezzato, alcuni più di una pagina e guardarli mi ha fatto sentire un po' di quella magia profusa in tutto il libro.
Credo che il problema siano state le avventure, disavventure che si affastellano sul finale. Il povero Nikolas non ha un attimo di tregua, si trova ad affrontare di tutto e chiunque ed anche se il lieto fine è assicurato avrei preferito un epilogo più snello, più pulito. Alcuni capitoli come quello intitolato L'ultima visita a zia Carlotta, li ho trovati sovrabbondanti. Forse l'autore ha cercato di sbalordire il lettore, di offrirgli quell'impossibile che si trasforma in possibile, in una probabilità che ancora non conosci. La mia bocca però non si è aperta per un Ooohhh ma per uno sbadiglio con cui ho chiuso l'ultima pagina.
io un paio di anni fa ho letto un libro anch'esso incentrato s una figura simile a Joel e credimi ho avuto le stesse perplessità che hai riscontrato in questa storia. forse siamo troppo abituate ai classici natalizi? non so dirti sinceramente ma leggendo la tua recensione ho avuto un vero dejavu.
RispondiEliminaPer fortuna non sono la sola. 😉
EliminaCi ho pensato tanto prima di scrivere questa recensione perché alla fine è un libro per ragazzi e magari non è nei miei gusti, però il finale mi ha troppo deluso non potevo non scriverlo.
Che peccato, non conosco questo libro, che sembra a prima vista interessante, non ho mai letto questo autore perché non credo sia adatto a me
RispondiEliminaNon ho letto nulla di questo autore e non mi attira particolarmente
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