Recensione 20/68. "La ragazza di Bube" di Carlo Cassola

Lei lo guardò smarrita... Ma improvvisamente ritrovò in sé quella forza che l'aveva sorretta la mattina in carcere, quando aveva dovuto affrontare  da sola il colloquio con Bube. Non avrebbe potuto darle un nome, ma sapeva che era irresistibile: che spazzava via ogni timore, ogni esitazione; che la rendeva calma e sicura di sé e indifferente ad ogni  cosa che non fosse l'adempimento del suo dovere... Nulla, nulla poteva arrestarla.


Punto di lettura, recensione
Edizione cartacea, pag. 240, valutazione ⭐⭐⭐⭐⭐/5

La ragazza di Bube è Mara. É lei ad avermi schiaffeggiato in faccia più volte o meglio  è la sua forza ad avermi colpito, quella cosa a cui  non sa dare un nome ma  che è irresistibile e la rende stoica. 

Mara sceglie da che parte stare anche se ha sedici anni, anche se la scelta è dettata più dalla voglia di farsi grande con la cugina per quel ragazzo  tornato dalla macchia, con una rivoltella in tasca che sembra  un uomo e non un diciannovenne. Bube la porta  a Volterra per farle conoscere la madre e la sorella perché vuole fare le cose per bene, non vuole incontrare Mara di nascosto, non vuole ingannare nessuno. 
Poco importa se quel giovane, così serio, le crea inquietudine, se lei non vuole sposarsi e le piacerebbe incontrarlo ogni tanto,  senza impegno, con leggerezza, quella dei suoi anni.
Poco importa se quel giovane ha partecipato all'uccisione di un Carabiniere e di suo figlio, se ha malmenato un prete, Bube è reduce dalla guerra civile gli altri si aspettano questo da lui: giustizia, vendicare i caduti.
Poco importa se durante la  sua latitanza Mara  trova un lavoro e forse anche un ragazzo, Stefano. Stefano  lavora e studia, le scrive poesie, insieme condividono il tempo andando al Lunapark, al cinema,  passeggiando. 
Poco importa se Bube verrà arrestato mentre sta tentando di rientrare in Italia dalla  Francia,  subirà un processo e sarà condannato a quattordici anni.
Poco importa se Mara a tratti si sente usata: 
Aveva la sensazione che le usassero violenza; che la costringessero a fare quello che di sua spontanea volontà  non avrebbe mai fatto. Le veniva voglia di scendere e scappare via. Dal padre,  un militante del partito comunista affezionato a Bube quasi come a un figlio, quasi come quel figlio che la guerra partigiana si è portato via; dagli amici del suo fidanzato; dagli eventi in cui si  è calata quasi per gioco. 

Però, com'era strano. Lei aveva detto una bugia che, in seguito s'era avverata, Perché Bube s'era vermene innamorato di lei... e avevano finito col fidanzarsi...
Così  Mara diventa la ragazza di Bube, un po' per leggerezza, un po' per non deludere nessuno, un po' perché spinta da chi le sta intorno e un po' anche per tenerezza.
Mara condividerà le responsabilità di Bube senza averne colpa, senza vergogna, senza indietreggiare anche quando lo stesso padre gli farà capire che se le cose dovessero andare male allora potrebbe anche sottrarsi all'impegno preso, lei ha già fatto tanto. 
Mara, però, tiene testa a tutti, trova le sue giustificazioni. Non può lasciarlo ora. Lui non ha colpa. É stato spinto dagli altri a fare quello che ha fatto, spinto  da chi lo voleva come vendicatore  e lui, anche lui, non ha deluso nessuno. Si è rivestito di quel soprannome, usato durante la lotta partigiana, ed ha fatto giustizia. 

Mara è la Resistenza. Lo è perché figlia di quel periodo, lo è perché resiste, lo é perché prende una  posizione netta. Se da un lato questa volontà indefessa crea sgomento per il suo carattere così estremo oserei dire, perché la priva dai sedici anni in poi di tutto, dall'altro ho provato un grande rispetto per il coraggio, la fierezza, il senso del dovere. Merce rara in questo XXI secolo. 

Non c'era stato mai nulla di vero nella sua vita: solo la sciagura, la terribile sciagura che l'aveva colpita. Solo Bube che doveva fare quattordici anni di carcere: solo quello era vero. Tutto il resto, la gioventù, la bellezza, l'amore, non era stato niente, era stato una beffa e niente altro, una beffe e niente altro...
Vero, tutto vero,  Mara lo sa, ma ogni volta alza la testa, si riveste di quella forza, torna calma, sicura di sé, impavida  dominando paura, insicurezza, sogni. 

Ispirato ad una storia vera quella della partigiana Nada Giorgi e del partigiano  Renato Ciandri, detto appunto Bube. Nada Giorgi però non si è mai  riconosciuta in Mara ed ha sempre preso le distanza dall'interpretazione della storia fatta da Carlo Cassola.


Con questo libro chiudo le letture di aprile legate alla Resistenza. Apprezzate entrambe anche se mi sento di consigliare solo La ragazza di Bube nonostante l'indimenticabile prosa di  Beppe Fenoglio. 


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