Rubrica: Ci provo con. Recensione 3/102: Svegliami a mezzanotte di Fuani Marino

Nuovo appuntamento con la rubrica a cadenza mensile Ci provo con, rubrica in cui si legge un autore o autrice per la prima volta, nata da un'idea di Chiara Ropolo  con la preziosa collaborazione di  Dolci Carloni. 
Questo mese ci ho provato con un volume lasciato in libreria per tanto tempo: il suo contenuto mi ha  sempre attratto e allontanato contemporaneamente.


Ho tentato di uccidermi il 26 luglio 2012, avevo da poco compiuto trentadue anni e da neppure quattro mesi partorito la mia prima e unica figlia, Greta.

La lettura di questa biografia non è stata semplice non per la scrittura tantomeno per la lunghezza bensì per l'inquietudine e l'affanno con cui mi sono ritrovata a fare i conti. Inquietudine ed affanno legati alla materia trattata: il suicidio.
Ora con il libro chiuso tre parole campeggiano nella mia mente: distanza, coraggio e cura.

recensione
Edizione cartacea, pag. 168


Chi scrive è colei che il suicidio lo ha agito e che può raccontarlo il delitto contro se stessa a cui è sopravvissuta. Verrà da pensare: il suo gesto è stato un bluff, come fanno tanti aspiranti suicidi, lei stessa se l'è chiesto, lo ha chiesto al medico e la risposta è stata univoca: no, non lo è stato. Fuani si è buttata dal quarto piano di una palazzina di Pescara facendo un volo di dodici metri, piuttosto sembra un bluff il suo essere ancora viva.

L'autrice struttura la narrazione in due parti: il prima ed il dopo, a fare da spartiacque c'è una pagina bianca nel mezzo del libro con su scritto Caduta, il volo fatto dal corpo. 
Nel prima viene analizzata la sua famiglia per ritrovare quei geni "pazzi" arrivati a lei come eredità: un padre ombroso, distante  descritto come un uomo pieno di livore ed una madre permissiva e conciliante, un fratello di cui si parla poco e quello zio Luigi, fratello della madre, così bello e schizofrenico. 
Nel prima racconta se stessa cercando di cogliere i segni premonitori e soprattutto indagare quelle scelte di vita dettate da una ricerca deliberata di stabilità. Fuani ragazza ribelle  andrà alla ricerca di un compagno con cui arrivare ad una posizione confortevole, economicamente stabile, posizione raggiunta con il  marito notaio. Questa scelta con cui si da inizio ad  vita cercata ma forse non profondamente sentita, segna il punto di rottura interiore:  ma non è questo in fondo quello che succede: diventare qualcosa di diverso  da quello che si desiderava? 
Si va avanti, la vita scorre fino ad
 arrivare alla maternità attesa. La  nuova vita appena arrivata   diventa però troppo ingombrante, schiacciante soprattutto se chi la deve accogliere è  momentaneamente out, se chi è madre è prima di tutto una donna sofferente, risucchiata nel buio più oscuro di una malattia: la depressione.  Davanti a quella figlia da accudire l'autrice  fa una scelta: abdica alla maternità e non lo fa allontanandosi dalla figlia per un ricovero salvifico;  continuando la terapia farmacologica che invece viene ridotta proprio per il nuovo ruolo di madre; non lo fa rivalendosi sulla figlia, lo fa su stessa. Braccata decide di suicidarsi. 
Avevo desiderato quella bambina con tutta me stessa, e adesso che ce l'avevo fra le braccia non sapevo che farmene. Mi sentivo schiacciata dal peso della responsabilità. Stavo male e me ne vergognavo.   
[...]
É molto diverso, infatti, decidere di non avere figli o non riuscire a metterne al mondo, da abdicare alla maternità una volta che la si è raggiunta.

Nel dopo troviamo la riabilitazione fisica perché è vero  Fuani non è morta dopo la caduta ed è rimasta sempre cosciente ma il suo corpo è stato straziato. Nel dopo c'è la cura psicologica ed emotiva della personalità bipolare; c'è la perdita dell' affidabilità come persona e madre; ci sono i sentimenti di pena e rabbia infinita; c'è l'affermazione provocatoria del suicidio come diritto e scelta;  ci sono gli altri, i familiari chi nolente ci deve fare i conti con l'evento tragico e c'è una figlia.

Distanza.
Fuani Marino per tutta la lettura ci tiene distanti, nel raccontarsi è fredda, lucida. Nessuna empatia si è creata tra me e lei. La narrazione è l'anamnesi cruda del suo suicidio:
 Malgrado si tratti di una materia che in un attimo può scivolare nel melodramma, se il registro linguistico resta asettico e affilato difficilmente accade. Asettica ed affilata l'autrice non cerca compassione, drammi, il suo intento è quello di dare un nome ad ogni cosa senza edulcorare nulla, senza usare lagnose metafore come un medico nell'atto di spiegare ai suoi accoliti l'operazione a cuore aperto sotto le sue mani. 
Un testo erudito per la quantità di citazioni  riportate sul suicidio: testimonianze, testi scientifici, psicologici, poesie, l'autrice non si risparmia tantissime citazioni da cui prendere spunto per un'analisi più approfondita, ma questo taglio dato alla narrazione ha creato in me  ancora più distanza. Per gran parte della lettura mi sono sentita  quell'accolita seduta su un gradino più basso  ad ascoltare  un'esperienza di vita devastante senza poter avere nessun contatto fisico. Allungare la mano non permette di raggiungere la narratrice.

Coraggio. 
Mai tacere sulle cose che ci sono accadute non è un po' come tradire se stessi, o quantomeno tradire quella parte di sé che le ha sperimentate?
Ci vuole il buco nero nell'anima e coraggio per uccidersi.
Ci vuole ancora più coraggio per raccontarla questa esperienza, raccontarla senza usare uno pseudonimo, raccontarla a tutti conoscenti e non, raccontarla nero su bianco alla figlia a cui dedica l'ultima pagina per farle sapere da lei, non da altri,  cosa è successo a sua madre. Fuani Marino ha avuto coraggio, con questa biografia mette a repentaglio nuovamente la sua incolumità: si apre al pericolo di essere definita matta, pazza, madre scellerata, ingrata e  c'è qualcosa di giusto in questa storia asettica. C'è il diritto per una donna di poter rinunciare alla maternità per curarsi e tornare, poi,  ad essere madre; c'è l'importanza di saperli riconoscere i sintomi ed affrontarli, correre ai ripari subito; c'è l'importanza di non demonizzare le cure farmacologiche; la necessità di un lavoro sincrono tra i diversi medici;  c'è la voglia di non rimanere indifferenti, prima, durante, dopo la malattia affrontando la vergogna e la paura.

Cura.
Troppo spesso mancante.
Credo di essere stata una donna fortunata  durante la mia depressione post parto ho avuto una psicologa, la mia seconda madre, ed uno psichiatra che hanno saputo lavorare insieme, ho avuto una famiglia che dopo una iniziale incomprensione mi ha seguito in questo percorso impervio ed ho ritrovato, poi, grazie ad una cura farmacologica la mia maternità.
 
La cura riguarda i medici in un lavoro armonico; riguarda la famiglia in una rete solida che ripara dal vuoto. La cura è un atto prolungato nel tempo, non si esaurisce in una semplice azione, richiede un'apertura totale  ed una comunicazione continua: famiglia, dottori, società coinvolti, complici.
Ecco questa storia di un suicidio mancato nel suo modo di fare coming out fa parte della cura. 

Non darò nessuna stellina di valutazione alla lettura, questa è una storia che sottraggo al  giudizio.

A seguire il banner con l'elenco delle altre partecipanti alla rubrica:





Commenti

  1. Io amo le tue recensioni! Deve essere stata una lettura tutt'altro che semplice... Straziante. Trovo che ne hai reso molto bene l'idea. Lo aggiungo in lista così da poterne parlare poi per bene con te

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  2. Non amo molto le biografie e soprattutto questi argomenti, la tua analisi però mi è piaciuta molto

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    1. Grazie, in effetti ci ho messo un po' per leggerlo, anche io non sono avvezza alle biografie anche se questo libro l'ho comprato per i temi affrontati.

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  3. Cavolo. Questa è una recensione magnifica e sul serio fa quasi male a leggerla. Non conoscevo il libro ma so che non è un genere di lettura che riuscirei ad affrontare adesso

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    1. Grazie mille. C'è un po' di me in questa recensione quindi grazie.

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  4. che bella recensione Francesca! Non so se avrei il coraggio di leggere questo libro, ma la tua recensioen è d'effetto

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    1. Grazie Chiara. In effetti non è una lettura facile.

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  5. Nonostante la recensione magnifica non mi sento di voler leggere questa storia, almeno al momento.

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  6. Mi hai letteralmente folgorata! Io amo questo genere di letture, nonostante ci abbia quotidianamente a che fare con questo tipo di esperienze, e purtroppo la trovo un’analisi molto lucida. Devo procurarmi questo titolo che non conoscevo. Assolutamente. Grazie ☺️

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    1. Sono felice della tua scelta. Tu sei all'interno del cerchio della cura e credo che troveri molti spunti.

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  7. Non conosco il libro e nonostante come sempre tu sia completa in tutte le tue parole per questo libro preferisco passare

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