Recensione 5/104. L'isola delle anime. Piergiorgio Pulixi.

<<Abba non naschet si sàmbene non paschet>>.
L'acqua non nasce se il sangue non pasce...

Siamo nel prologo dove il lettore viene avvisato del male prodotto da questa storia: Dei cinque poliziotti assegnati nel tempo all'omicidio di   Dolores Murgia, sono l'unica ancora in vita.  Ed aggiungo scopriremo solo leggendola quanto è radicato nella terra il male. 


punto di lettura, recensione
Edizione cartacea, pag. 445, valutazione ⭐⭐⭐⭐/5


La trame è costruita come piace tanto a me: capitoli alternati con due storie appaiate ed una terza in secondo piano riguardante il passato di Eva Croce una delle due protagoniste.
Siamo a Cagliari dove è nata da poco la Sezione delitti insoluti dedicata ai casi freddi, sezione assegnata a due donne più come "punizione" che come premio: Mara Rais, cagliaritana, mordace e diretta  ed Eva Croce di origine irlandese in arrivo nell'isola da Milano dopo un lungo periodo di congedo. Eva e Mara non potrebbero essere più diverse eppure la loro collaborazione sarà fertile.
Eva, un'investigatrice specializzata in sette e delitti rituali, veste come una musicista rock molto dark, di nero ha tinto anche i rossi capelli prima di partire da Milano. Eva non conosce nulla delle tradizioni e della società sarda ma ha una sensibilità molto spiccata grazie alla quale riuscirà  ad entrare in empatia con  alcuni suoi colleghi, con uno in particolare,  l'anziano ispettore Moreno Barrali ossessionato da uno dei casi freddi.
Rais bionda, occhi azzurri, media altezza ama vestirsi di tutto punto: taileur e tacchi ma i suoi modi sono tutt'altro che eleganti e la collaborazione con la straniera in arrivo dalla terra ferma è stata una decisione imposta dall'alto.
Entrambe hanno qualcosa, nella carriera, andato storto ecco perché sono finite in uno scantinato in mezzo a pile di fascicoli impolverati a  cercare di risolvere dei casi di cui nessuno parla più.
Entrambe hanno qualcosa, nella vita, andato storto e soprattutto per Eva non basta rintanarsi in uno scantinato per cancellare il passato. 

Siamo nell'entroterra sardo, nella Barbagia, dove vive il clan dei Ladu, i Ladu della montagne per distinguerli da quelli di paese. Sebastianu Ladu è il capo clan sotto di lui una famiglia partorita direttamente dal ventre della montagna:  le loro abitudini di vita, il forte legame con la  natura,  l'idolatria della divinità della terra sono impastati  con  antichi riti pagani di cui  non solo si tiene memoria ma vengono anche praticati  quando la terra lo chiede: Abba non naschet si sàmbene non paschet.  I Ladu sono come le montagne in cui si sono esiliati: immobili, la potenza corrosiva del tempo non ha nessun effetto su di loro, sono lontani da tutto e da tutti, vivono ad uno stato primordiale protetti  dalla Barbagia e da confini inaccessibili, sono di un altro mondo quello delle animas dannadas, anime dannate.
Ogni volta  in cui l'autore  intitola il capitolo nell'entroterra sardo il lettore sarà gettato  nella terra, ingoiando polvere, sangue e paura eppure  questa inquietudine mi ha trascinata sulle tracce dei Ladu andando a cercare, per anticiparmi, i capitoli a loro dedicati scoprire così i rituali, la struttura gerarchica, le regole con cui vivono, inorridire davanti alla totale sottomissione dell'uomo alla  natura voluttuosa, selvaggia e primordiale  per onorare il patto di fedeltà: un sacrificio di sangue per la protezione della madre Terra. 

A legare questi due mondi, la civiltà e la Barbagia è il sangue di un caso freddo, il caso del killer nuragico, seriale anche se i due delitti accertati di stampo rituale sono avvenuti a distanza di più di un decennio l'uno dall'altro e delle vittime, giovani donne, nessuno a mai reclamato il corpo, pianto la morte, come se non avessero famiglia, come se non fossero vissute. 
Ora, nel 2016, una giovane ragazza, Dolores Murgia, è scomparsa da qualche giorno, l'ombra del killer è tornata ed il caso potrebbe non essere così freddo.

Per prendere un assassino del genere non bisogna capire cosa pensa, ma scoprire quello in cui crede...
Ed ecco la bravura di Pulixi:  porta il lettore non tanto nei pensieri del killer di cui non sappiamo nulla e che potrebbe anche essere  morto,  quanto nelle credenze, nella spiritualità profonda di una terra aspra, arcigna, assetata.
Pulixi ci porta nelle viscere della sua Sardegna ricostruendo con dovizia di particolari, dando così prova di una profonda conoscenza dei temi, le antiche tradizioni, gli antichi culti  e lo fa con una scrittura densa di aggettivi, di parole e frasi in sardo in cui però non si rimane impantanati anzi dentro a questa densità ci si scivola bene, la storia scorre velocemente. Merito dei capitoli brevi, che ho amato, e del modo in cui l'autore ci fa muovere dentro alla sua terra. 
I titoli dei capitoli indicano il luogo in cui ci troviamo: siamo a Cagliari, nella Barbagia, a Quartu sant'Elena, sulla spiaggia del Poetto, nel santuario nuragico di Santa Vittoria a Serri e poi di nuovo nel ventre della Barbagia e così via. Pulixi ci fa fare un viaggio. 
Trovo azzeccatissima la citazione ad inizio libro: 
questa terra non assomiglia ad alcun altro luogo...
Incantevole spazio intorno e distanza da viaggiare,
nulla di finito, nulla di definitivo.
É come la libertà stessa. 
Con L'isola delle anime preparatevi a fare un viaggio: Pulixi ci porta nel sangue, nella sacralità  ma soprattutto negli odori, nei colori, nelle atmosfere, nel dialetto, in  una  narrazione dal forte carattere sardo di cui ne è cantore.

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