Recensione 11/110 : La canzone di Achille di Madeline Miller

«Dimmi il nome di un eroe che è stato felice.» 
[...]
«Non puoi.» Si alzò a sedere e si sporse in avanti.
«Non posso.»
«Lo so. Gli dei non permettono a nessuno di essere famoso e felice.» Inarcò un sopracciglio. «Ma voglio confidarti un segreto.»
«Dimmi.» Adoravo quando faceva così.
«Io sarò il primo.» mi prese il palmo della mano e lo premette sul suo. «Giuralo.»
«Perché io?»
«Perché tu sei la ragione.»

Tutti conosciamo la profezia su Achille: una morte prematura per una fama eterna. Eppure Achille lo sa: la sua vita sarà segnata da fama e felicità perché con lui c'è Patroclo, lui è la ragione.

recensione
Edizione cartacea, pag. 382, valutazione ⭐⭐⭐⭐⭐/5


Per leggere questo libro sono andata a cercare un testo delle scuole superiori conservato gelosamente nella libreria: Prima e dopo la guerra di Troia di Lucia Gotti pensando che potesse essermi utile per inquadrare i personaggi, le vicende storiche, le cospirazioni le faide degli uomini e degli dei,  ma mi sbagliavo.
Si è vero la storia  inizia in una sala gremita di re  arrivati con doni ricchissimi, nomi altisonanti ereditati da stirpi auliche o semi divine e con cipigli violenti perché in ballo c'è la scelta del futuro marito di Elena figlia di Tindaro e Leda.
Si è vero la storia  finisce con la lunga e sanguinosa guerra di Troia che impegna quegli stessi re greci, con il favore o meno degli dei, per recuperare la stessa Elena data in sposa a Menelao e  rapita da o fuggita con Paride, secondogenito di Priamo re di Troia, ma tutto questo fa solo da contorno alla storia di Achille e Patroclo. Sono loro i protagonisti è quello che sta dietro agli accadimenti e che sta dentro all'uomo Patroclo, al semidio Achille ad essere narrato. Così dopo le prime pagine mi sono resa conto che il glossario dei personaggi alla fine del libro sarebbe bastato, ho riposto il testo studiato alle medie nello scaffale. Per leggere la Miller non serve.

Ho amato tutto di questa storia: il taglio intimo  scelto dall'autrice; la narrazione in prima persona di Patroclo apprezzata e compresa sul finale; la stupefacente  caratterizzazione dei personaggi; i dialoghi perfetti e soprattutto la scrittura così umana così divina, così gentile così letale.

Achille è prodigioso, vigoroso, orgoglioso, una macchina da guerra invincibile del resto sua madre è una dea, Teti, per questo  appartiene alla gloria.
Achille è  delicato, fiducioso, spensierato, inconsapevole, il suo talento è la lira, il canto ed è umano come il padre, Peleo.
Achille racchiude in sé l'umano ed il divino e l'aspetto più bello, come ci fa notare Patroclo, è il modo inconsapevole con cui vive la sua  divinità ed il modo naturale con cui gode della sua umanità. 
Teti lo vuole audace, freddo, distante come lo sono gli dei, sprezzanti degli uomini ma Achille si innamora di Patroclo l'ultimo degli ultimi, un essere trascurabile, il più piccolo ed insignificante degli umani. Eppure Achille ne farà il suo compagno, il suo amante, lo eleverà al suo stesso rango pubblicamente con dignità e fermezza, sempre, lo proteggerà ignorando la disapprovazione della divina madre perché Patroclo è la ragione della sua felicità di uomo.

Patroclo non ha nulla per sopravvivere in una società marziale, aulica: Non ero veloce. Non ero forte. Non sapevo cantare. La cosa migliore che si poteva dire di me era che non ero cagionevole.  
Patroclo si innamora subito di Achille si innamora della sua bellezza divina ma soprattutto della grazia, della gentilezza, del suo modo di chiamarlo: Pa-tro-clo  scandendo ogni sillaba, senza inciampare  o affastellare le lettere, riservandogli l'importanza data ad un re. Patroclo sarà un compagno fedele, sempre accanto al suo amato senza sentirsi mai abbastanza degno, sentendo invece tutta la disapprovazione degli altri, a tratti anche la mia, ponendosi quella domanda a cui anche io, fino ad un certo punto, non ho saputo dare una risposta: perché io? Perché Patroclo? Perché questo uomo sbiadito, questo narratore impolverato?

Achille e Patroclo vivranno  anni felici e spensierati durante il lungo apprendistato presso il centauro Chirone, un altro personaggio che ho amato, anche se su di loro incombe la profezia, anche se Teti da lontano disapprova,  anche se Achille è destinato a diventare mito e Patroclo a rimanere un uomo.  Così  quando sarà chiamato alle armi, quando assaggerà la guerra a Troia Achille scoprirà la gloria, scoprirà quello per cui è nato, quella furia invincibile e divina, quello che davvero sa fare: saettare veloce ed impavido in mezzo ad una frotta di uomini uscendone vincitore indiscusso. Achille non può perdere è un predestinato, ha sete di fama quella che rende quasi divini  ma scegliendo la fama baratterà la felicità.

É qui che la storia si dischiude, è qui che l'autrice con la voce di  Patroclo offre al lettore una memoria diversa: di Achille non ricorderemo solo il guerriero invincibile colui che ha straziato per giorni il corpo di Ettore, ricorderemo  anche il soffio leggero della sua anima, la sua musica, il suo canto, la felicità.  
É sempre qui che ho chiesto scusa a Pa-tro-clo, a lui il migliore degli uomini, il migliore dei mirmidoni  perché lui è la ragione, lui la memoria:  io sono fatto di ricordi quelli più dolci, quelli più intimi, quelli da non dimenticare.

Se cercate  nel racconto della Miller  la forza prepotente e reboante della guerra, la gloria immortale, gli eroi sfrontati e vigorosi,  ne troverete solo un po', in cambio  inciamperete in una lettura di una bellezza divina ed umana che fa bene e male allo spirito per quanto riempie.


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