Rubrica: Purché sia di serie. Recensione 12/111: La fata carabina di Daniel Pennac

Torna l'appuntamento mensile con la rubrica:  Purché sia di serie, ideata da Chiara con la collaborazione preziosa di Dolci Carloni autrice di tutti i nostri banner compreso questo a fine post dolcemente primaverile. La partecipazione prevede lettura e recensione di un libro facente parte di una serie non ancora finita, ma non il primo. 

Mancavo da troppo  a questo appuntamento e per riprendere l'abitudine oggi vi parlo del secondo volume della serie di Malausséne scritta da Daniel Pennac. 


Edizione cartacea, pag. 240, ⭐⭐⭐ e mezzo  /5


É vero, zio Stojil, ho visto una fata, ha trasformato un tizio in fiore. 

A pronunciare questa bizzarra frase è il Piccolo, il fratellastro di Benjamin. 
La fata è un'anziana, malferma sulle gambe che trascinava con millimetrica prudenza una pantofola davanti all'altra, su una lastra di ghiaccio a Belleville, reggeva una sporta da cui spuntava un porro, portava un vecchio scialle sulle spalle e un apparecchio acustico nella piega dell'orecchio. 
Il tizio è un poliziotto, il biondo Vannini, in giro per proteggere  gli anziani da un assassino seriale che ultimamente si diverte a recidere le gole dei poveretti malcapitati e quando la vecchia preme il  grilletto la testa di Vannini si trasforma in un fiore. 





Un' anziana uccide un poliziotto scatenando la sorpresa di tutti e la rabbia del commissario Cercaire mentre in quella che un tempo era una ferramenta, ora appartamento della tribù Malaussène, sono arrivati nuovi ospiti:  gli anziani per l'appunto.  Arrivano depressi e drogati, perché se qualcuno li sta uccidendo qualcun altro li sta drogando, quasi a volerli eliminare tutti prima del tempo.  L'elenco dei nuovi ospiti in casa Malaussène è lungo: nonno bistecca (ex macellaio), nonno spazzola (ex barbiere), nonno suola (ex calzolaio), nonno Risson (nonno libraio), Verdun il più anziano di tutti, ognuno ex di qualcosa e mentre fuori la società li ha già cancellati Thérèse, la sorella di Ben con doti di preveggenza, gli dà un futuro stendendo le dita arrugginite leggendogli la mano, aprendo visioni non su quello che è stato ma su quello che sarà. Questa parte della storia mi è piaciuta tantissimo, in particolare il modo in cui Pennac denuncia il non ruolo attribuito agli anziani dalla società moderna ed il modo in cui prendersene cura. Basta aprire le porte di un ex ferramenta, allargare la famiglia, includerli con la loro storia, certo i nonni non sono autentici, e i papà sono dati per dispersi, ma nulla è perfetto.

Pennac non dimentica il ruolo di Ben, il suo essere capro espiatorio della società, per la società, e lo diventa proprio mentre cerca di curare tutti quei vecchi che nessun vuole più perché Benjamin è capro espiatorio nel DNA: Vuol dire che lei attira su di sé tutte le grane del mondo, come una calamita, vuol dire che in questa città, un sacco di persone che neanche conosce in questo momento la devono considerare responsabile di un sacco di cose che lei non ha fatto, e in qualche modo le ne é davvero responsabile, per il semplice motivo che quelle persone hanno bisogno di un responsabile.

La fata carabina  è anche il libro del detective Pastor un giovane ispettore riccioluto con una voce calda come il vecchio golf nel quale sembrava essere nato. Pastor è il personaggio a cui voglio dare cinque stelline,  brilla al pari della compassione di Benjamin  e fa davvero la differenza in questa puntata.
Pastor ha una caratteristica ineguagliabile: riesce ad ottenere sempre una confessione e scoprire come fa  è uno dei tanti misteri di questo racconto con cui arriviamo sul finale. 
Purtroppo credo che non lo rivedrò a breve perché esce di scena portando con se la madre di Benjamin rigenerata dal suo lungo sonno ristoratore capace di farla rinascere in tutta la sua bellezza dopo aver dato alla luce la settima figlia, sorellastra di Ben  battezzata con il nome di  Verdun in ricordo dell'anziano nonno morto tra le braccia di Thérèse con un futuro davanti agli occhi.

Leggere questo secondo libro del ciclo dei Malaussène è stato più impegnativo del precedente probabilmente perché i personaggi si moltiplicano e le storie di ognuno viaggiano in parallelo però l'effetto di meraviglia è rimasto immutato perché Pennac va letto così con l'immaginazione vivida, la meraviglia attiva qualunque sia l'evento che ci attende girata la pagina anche quando increduli commenteremo: Ma dai!! Ma noo!! É questa meraviglia che mi spinge a leggerlo, voglio meravigliarmi degli eventi e di quella bontà naturale di Benjamin oggetto di malcelata diffidenza da parte degli altri, destinata ad essere punita perché non capita e di difficile imitazione. 



Commenti

  1. Ecco questo è un autore che mi manca ma che vorrei recuperare. I suoi libri mi incuriosiscono molto

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  2. non sono sicura faccia per me, ma sono contenta che ti sia piaciuto

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  3. Io adoro Pennac in tutte le sue vesti! Questa serie se possibile andando avanti migliora!🥰

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