Rubrica: Ci provo con. Recensione 33/132: "La casa a Nord-Est" di Sergio Maldini

Nuovo appuntamento con la rubrica a cadenza mensile Ci provo con, rubrica in cui si legge un autore o autrice per la prima volta, nata da un'idea di Chiara Ropolo  con la preziosa collaborazione di  Dolci Carloni creatrice del bellissimo banner invernale a seguire in cui trovate l'elenco dei blog  partecipanti.

Questo mese ci ho provato con una lettura scelta insieme ad Angela Molfetta perché  la storia ci unisce in una linea tratteggiata dall'autore tra Roma, dove vivo ed il Friuli, dove vive Angela. Questa attenzione dell'autore verso due parti dell'Italia così distanti ha generato molti confronti durante la lettura,  anche se la storia mi è sembrata labirintica. Seguendo il protagonista nei suoi viaggi fisici e mentali diverse volte mi sono ritrovata disorientata, senza bussola con in testa un grande punto interrogativo: dove vuole portarmi la storia?  Per fortuna c'era Angela: ad ogni mio smarrimento  ha teso la mano evitando la fuga.


La casa a Nord-Est
Sergio Maldini
Edizione cartacea pag. 288
Valutazione: ⭐⭐ e mezzo/5


Non sono né giovane né vecchio, dice pressappoco Shakespeare in "Misura su misura" , ma come un uomo che dorme dopopranzo sognando di queste due età. Ecco, se ti atterrai a questi due versi scespiriani, noi faremo una casa giusta  e forse anche bella.




Marco, il protagonista, vive a Roma con stanchezza e disillusione:  in Roma sente un'assoluta mancanza di tenerezza. Appena uscito di casa, la mattina, si sentiva offeso  anche se nella capitale ha una moglie Martina, un figlio, Giovanni, ormai adulto ed un lavoro di giornalista tv che non ama più
In questo quadro grigio Marco non vuole più starci così decide di dare, alla seconda parte della sua vita, un paesaggio diverso e tra i tanti luoghi in cui poter andare sceglie la pianura a Nord-Est nella bassa Friulana. Qui Marco vede  un oceano incorrotto, sempre uguale a se stesso. L'oceano pur cambiando le acque, restava  vergine, e imprigionava nei suoi abissi le deboli scie delle navi che lo solcavano. In più nel Friuli si vive nella sacra alternanza dell'agricoltura e della vita.   
Grazie ad un vecchio amico Ernesto Commessatti, uno storico autore di libri sul Friuli Venezia Giulia, organizzatore di mostre e direttore di un piccolo teatro, entra in contatto con la principessa Maria Luisa Sabot-Magnelli proprietaria di un rustico che Marco acquisterà. La ristrutturazione del rustico diventa la molla con cui Marco si risveglia dal torpore, ricomincia a desiderare, a sognare. Marco ha un'idea ben precisa di come deve essere la casa a Nord-Est: vorrei una casa creativa, allegra e un po'  folle come un bambino, aperta alla conoscenza come un ateneo, un appartato ateneo di provincia, in cui io e tutti  voi si possa essere in grado di qualificare con la felicità l'ultima parte della nostra vita. E bambino ci torna davvero per l'entusiasmo messo nel progetto, per come si innamora della sfuggente e vitale Antonia Bellavittis conosciuta negli incontri culturali  a cui partecipa nella villa della principessa Sabot Magnelli.
Inizia così un periodo in cui Marco passerà molto tempo al Nord facendo ritorno a Roma in sporadici viaggi. Ad ogni ritorno nella capitale ritrova il figlio, ormai legato in un rapporto  riservato e privilegiato alla madre che alle continue richieste del padre di andare a trovarlo ribatte con la sua identità romana: io voglio vivere a Roma e ritrova Martina priva di qualsiasi gelosia nei  suoi confronti, descritta più come una sorella che come una compagna, in grado di offrirgli una solidità romana ineguagliabile a cui Marco non vuole rinunciare in quella città che forse, alla fine dei conti sembra essere l'unica a sapergli dare un'identità.  

Il libro di Maldini è caratterizzato da una prosa ricca,  poetica. I dialoghi sono ridotti all'osso, tutto ci viene raccontato attraverso il filtro dei pensieri e non sempre ho amato questo stile, a tratti l'ho trovato troppo didascalico al limite della noia, quasi un virtuosismo dell'autore che con questo libro vince, nel 1992 l'anno successivo alla pubblicazione, il premio Campiello. 
Tutto ruota intorno al protagonista ed alla sua ricerca di una nuova identità, di un nuovo luogo dove poter ritrovare una vitalità ormai spenta. 

Durante la lettura ho vissuto sensazioni contrastanti che proverò a spiegare.  
Ho provato grande curiosità ed interesse per  il modo in cui viene affrontato il tema del paesaggio come luogo in cui si forgia la propria identità tanto da poter definire i tratti dell'anima friulana con una morale nordica che si trovava a suo agio in scambi leali con la vita, in programmi esatti, fuori di ogni assurda scommessa quotidiana e quella romana che vive con la nostalgia di un primato perduto, stagnante  ma anche indifferente alla morte che sbeffeggia chiamandola "comare secca".
Ho provato noia in alcuni passi che avrei volentieri saltato a piè pari: non ho amato le descrizioni dettagliate riguardanti il progetto ed i lavori del rustico, le discussioni tra i letterati negli incontri  organizzati dalla principessa, i tanti percorsi mentali labirintici del protagonista. 
Mi sono divertita nei momenti in cui emerge in Marco quell'animo bambino che tutto vuole, tutto spera, soprattutto nei dialoghi con il figlio quando prova a convincerlo della potente bellezza di quella  pianura friulana vuota.
Non ho amato particolarmente il protagonista mentre mi è piaciuto molto il figlio Giovanni, la moglie, chissà se la loro romanità ha fatto da collante e la sfuggente friulana Antonia Bellavittis.

Insomma la domanda iniziale è rimasta senza risposta o forse la risposta risiede in un articolo inviatomi da Angela in cui è facile capire come l'autore abbia raccontato molto di sé attraverso Marco portandoci nel suo mondo.

Buona lettura e non lettura a tutti.

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