Recensione 29/165: Il viaggiatore immobile di Leonardo Marigliani

Quell'albero era la dimostrazione che bisogna andare lontano, raccogliere i doni della vita in ogni parte del mondo che possa essere raggiunta. Era questo il segreto per una vita libera e felice. Vagare ovunque, provare, cercare, raccogliere, conservare dentro si sé e poi rielaborare, trasformare e rendere tutto il mondo materia vivente del suo essere libero.


Il viaggiatore immobile, pag. 178
Narrativa italiana
Valutazione ⭐⭐⭐ e mezzo / 5

Uhuru è  l'espediente con  cui l'autore affronta un'analisi della nostra società offrendo alcuni punti di vista interessanti.
Uhuru staziona da circa quattro mesi davanti alla saracinesca di un garage in disuso, tre piani sotto l'appartamento del narratore. Accanto a lui le valigie: di forme dimensioni colori diversi. Ce ne erano un paio nere, una verde brillante, un set di quattro o cinque trolley rossi, diversi borsoni e altre borse e fagotti di forme bitorzolute e indecifrabili  ed in cima a questa pila un cavallino a dondolo.
Quest'uomo venuto da lontano si trasforma in un elemento architettonico sgradevole ai molti residenti, non al narratore, lui ne è incuriosito tanto da volerlo conoscere. Inizia così un dialogo quotidiano tra i due alla scoperta della vita di Uhuru e quella del narratore, il più bisognoso di risposte.
Uhuru ama mangiare mele e succo d'arancia, non è un uomo loquace  ma quando è in vena conosciamo la sua storia dalla  nascita in  un villaggio nel Ghana  fino al suo approdo in Italia, un viaggio alla ricerca della libertà assoluta perché il suo nome significa  appunto libertà, un viaggio  per scoprire cosa c'è oltre il limite dell'orizzonte, oltre il luogo in cui è nato. Spinto dal brivido della libertà inizia sin da piccolo ad allontanarsi e fuga dopo fuga accumulerà valigie, mentre noi capitolo dopo capitolo  le apriremo scoprendone il contenuto. 
Per intraprendere un viaggio verso la libertà  è importante portare con sé i giusti bagagli: con i giusti bagagli al proprio seguito avrebbe saputo cavarsela; è importante avere una guida; è importante sapere che la libertà è un'arma a doppio taglio e che non basta  trovarsi su una terra libera per essere liberi.  

L'autore in questo dialogo a tratti poetico a tratti realista sviscera il tema centrale della vita dell'uomo: la libertà. Quella dell'uomo moderno e  quella di chi la cerca oltre il luogo in cui è nato. In quest'analisi si dovrà  fare i conti con alcune assurdità della società moderna, con l'impossibilità di una vita totalmente libera perché se ci sono delle catene costruite a suon di ingiunzioni, bisogni indotti, ce ne sono altre  necessarie dettate dal rispetto dell'altro e ce n'è una, la più pesante ed inevitabile: la morte. Si può essere liberi da tutto ma non dalla morte. 

Mi è piaciuto molto il taglio poetico quasi fiabesco con cui il lettore viene cullato;  mi è piaciuta l'introduzione e tutta la prima parte; ho trovato originale la scelta di dare il titolo ai capitoli con il numero dei bagagli; alcune affermazioni hanno generato riflessioni, una su tutte quella di Uhuru: sono nato libero. Solo la nascita mi è stata imposta, però gli ultimi due capitoli li ho trovati poco originali, dalle premesse mi aspettavo qualcosa di più incisivo invece su alcune riflessioni, condivisibili, mi sono sentita come dentro un déjà vu. 
Il titolo del libro Il viaggiatore immobile  mi ha fatto pensare ad una frase del poeta Guy Goffette:  questo lungo viaggio immobile che chiamiamo leggere  ed ho pensato che la lettura è un'altra strada verso e dentro la libertà, le storie sono il cavallo a dondolo di Uhuru, quello spazio in cui sentirsi totalmente liberi.

Commenti

  1. Francesca, grazie per questa bellissima recensione! Sono onorato che il mio libro sia presente nel tuo blog.

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    1. Grazie a te per la condivisione e per esseri fermato nel mio piccolo spazio : )

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