Rubrica: Tu leggi io scelgo. Recensione 3/180. Il ballo delle pazze di Victoria Mas

Nuovo appuntamento con la rubrica a cadenza mensile Tu leggi, io scelgo organizzata da Chiara, Chicca e Dolci Carloni  la creatrice di tutti i nostri banner compreso quello a seguire con l'elenco delle partecipanti.
Questo mese ho curiosato nelle letture di Rosaria Sgarlata ed ho scelto Il ballo delle pazze un libro presente nella libreria da troppo tempo.


Il ballo delle pazze
Victoria Mas
Edizioni e/o, pag. 181
Traduzione a cura di Alberto Bracci Testasecca
Narrativa straniera 
⭐⭐⭐⭐⭐/5



Trama
Parigi, 1885. A fine Ottocento l'ospedale della Salpêtrière è né più né meno che un manicomio femminile. Certo, le internate non sono più tenute in catene come nel Seicento, vengono chiamate "isteriche" e curate con l'ipnosi dall'illustre dottor Charcot, ma sono comunque strettamente sorvegliate, tagliate fuori da ogni contatto con l'esterno e sottoposte a esperimenti azzardati e impietosi. Alla Salpêtrière si entra e non si esce. In realtà buona parte delle cosiddette alienate sono donne scomode, rifiutate, che le loro famiglie abbandonano in ospedale per sbarazzarsene.  Alla Salpêtrière si incontrano: Louise, adolescente figlia del popolo, finita lì in seguito a terribili vicissitudini che hanno sconvolto la sua giovane vita; Eugénie, signorina di buona famiglia allontanata dai suoi perché troppo bizzarra e anticonformista; Geneviève, la capoinfermiera rigida e severa, convinta della superiorità della scienza su tutto. E poi c'è Thérèse, la decana delle internate, molto più saggia che pazza, una specie di madre per le più giovani. Benché molto diverse, tutte hanno chiara una cosa: la loro sorte è stata decisa dagli uomini, dallo strapotere che gli uomini hanno sulle donne. A sconvolgere e trasformare la loro vita sarà il "ballo delle pazze", ossia il ballo mascherato che si tiene ogni anno alla Salpêtrière e a cui viene invitata la crème di Parigi. 


Recensione
Nessuna donna è mai del tutto certa che le sue parole, la sua individualità e le sue aspirazioni non la condurranno tra le temute quattro mura del XIII arrondissement.

Recensire Il ballo delle pazze non mi è facile perché è scritto magistralmente non c'è altro da aggiungere e perché riguarda il mio essere donna davanti alla negazione dell'essere donna.
L'ospedale di  Salpêtrière, gestito da uomini, è  ufficialmente riconosciuto come luogo  di cura per le isteriche, le malinconiche, le epilettiche, le dementi. Donne scampate ad una violenza, oppure abusate, di sicuro censurate, donne che scoprono se stesse ma confidando la loro verità  ad orecchie sorde vengono tradite. Madri, nonne, donne che  rinchiudono donne e padri, mariti, uomini che rinchiudono sempre donne.
Le donne rinchiuse coercitivamente vengono chiamate alienate e  badate bene non  lo sono nel momento in cui entrano, lo diventano una volta internate perché private dei sogni, del tempo, della speranza, estraniate dalla loro autentica. 
L'ospedale di Salpêtrière è  il luogo dove i "normali" riversano i propri peccati per ripulirsi la coscienza, le paure per esorcizzarle, dove si può curiosare, dove al  male viene data la forma di donna.

A Salpêtrière le "alienate" vivono per incontrare Jean-Martin Charcot il medico che sta rivoluzionando lo studio dell'isteria. Poter essere scelte per diventare cavie è  il momento di gloria perché si è viste anche se davanti ad un pubblico di soli uomini in sedute in cui viene indotta l'isteria per osservarne gli effetti con sguardi lascivi non medici.  A Salpêtrière le "alienate" vivono  per quell'unico giorno di mezza quaresima perché  si é viste. In quel giorno ci si può vestire, truccare, ballare, le patologie si quietano, mentre le porte dell'ospedale vengono aperte alla città di Parigi e i "normali" le osservano come bestie strane.
É quando si é riconosciute anche se prigioniere che la grazia delle donne, contraltare alla morte perpetrata da una società, si mostra affermando il proprio posto, la propria dignità: Louise, Thérèse, Eugénie Geneviéve.

Leggete Il ballo delle pazze per non disperdere l'indignazione e cadere nell'indifferenza.


Commenti

  1. questo libro mi attira ma ho paura a leggerlo perchè in qualche modo so che mi farebbe sentire impotente.

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  2. Il titolo di per sé già la dice lunga! Grazie del consiglio!

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  3. Sono felice che ti sia piaciuto quanto era piaciuto a me!

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  4. Anche a me era piaciuto molto per gli stessi motivi che dici ma mi ha lasciato anche tanta rabbia soprattutto perché, essendo nel campo, mi scontro ogni giorno con un’indifferenza e una prevaricazione, insieme alla stigmatizzazione, che permangono

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