Recensione 8/185: Nella vita dei burattini di T.J. Klune

«Quali sono le regole?»
«Stare uniti!» strillo il robottino
«Scappare se necessario» disse l'Infermiera Ratched facendo scomparire la mappa.
«E, soprattutto, essere coraggiosi!»


    Nella vita dei burattini
    T.J. Klune
    Mondadori pag.456
    Traduzione a cura di: Benedetta Gallo, Paola Molica
    Fantasy, retelling
    Valutazione ⭐⭐⭐ / 5
 


Trama
In una foresta antica e sperduta, in mezzo ad alberi maestosi, c'è una curiosa casetta in cui abitano tre robot: Giovanni Lawson, detto Giò, androide inventore; l'Infermiera Ratched, macchina per l'assistenza sanitaria dolcemente sadica; e Rambo, piccolo aspirapolvere ansioso. Insieme a loro il giovane Victor Lawson, unico essere umano della famiglia.
La vita scorre tranquilla finché un giorno Vic trova e ripara un androide sconosciuto chiamato Hap, e scopre che lui e Giò condividono un oscuro passato. L'arrivo di Hap turba la serenità della famiglia, che fino a quel momento ha vissuto nascosta, svelandone la posizione agli agenti dell'Autorità a caccia di ribelli. Giò viene catturato e portato nella Città dei Sogni Elettrici, dove rischia di essere smantellato o, peggio, riprogrammato. E così, per salvarlo, Victor, Hap, Rambo e l'Infermiera Ratched si mettono in cammino attraverso un paese ignoto e ostile.
Il viaggio sarà l'occasione per riflettere su ciò che distingue un cuore umano da un cuore meccanico, e Vic si troverà a compiere una scelta decisiva: sarà in grado di aprirsi all'amore, con tutto quello che comporta?




Recensione
Pinocchio, poesia, umani e robot, questi  gli elementi presenti nella storia, il risultato è una favola  moderna, retelling  di quella di Collodi, che accarezza il lettore con alcuni brani poetici, i cui protagonisti, umani e robot, si interrogano tra loro veicolando i temi cari a Klune: la famiglia, la diversità sinonimo di unicità, l'amore libero. C'è tutto direte voi, sì però, chiusa l'ultima pagina, non mi ha convinto, non ho ritrovato né la struttura  solida della Casa sul mare celeste né le tinte decise ed inconfondibili dei personaggi di Wolfonsg. Cercherò di spiegarne i motivi.

Protetti dal bosco, in una casa sugli alberi, sviluppata in orizzontale, progettata dall'androide inventore Jò Lawson vive una famiglia. Ogni componente è diverso dall'altra:  il robot aspirapolvere Rambo è piccolo, compatto e logorroico; l'ex infermiera Ratched è pragmatica; l'androide Hap, è temerario ma dopo essere stato dismesso e resettato, dopo aver perso la memoria deve ricominciare daccapo, infine l'umano Vic ripara tutto perché  ogni cosa o essere ha diritto ad una seconda possibilità.
In questa famiglia si condivide il tempo insieme girando nella discarica, luogo da evitare; nel bosco luogo protetto; guardando vecchi film, ascoltando  musica jazz e leggendo libri, sempre insieme perché il protagonista é  il gruppo, altro elemento tipico delle storie di Klune.  Nel gruppo ogni personaggio ha la sua nota  e insieme funzionano armonicamente anche se a volte qualcuna é alta, qualche altra bassa e altre ancora stridono.  Seguendo il gruppo nel suo peregrinare il lettore si divertirà non poco ascoltando i continui scambi  tra i personaggi con dialoghi davvero ben costruiti in cui  Klune apre varchi, pone domande e genera riflessioni  e lo fa con una delicatezza infinita: com'è essere un robot? Com'è essere umano? Cosa si prova a possedere quel fardello che un momento sembra forte come acciaio e quello dopo fragile come vetro? In questo ho ritrovato la cifra stilistica di cui mi sono innamorata.  Però mi  è mancato in diversi passaggi il terreno solido su cui poggiarmi, nel susseguirsi  degli avvenimenti durante il viaggio verso ...sembra  mancare l'anello di unione; alcune spiegazioni, una tra tutte la nascita di Vic, sono poco credibili, così  come poco convincenti sono due personaggi: il Cocchiere, chiaro richiamo a Mangiafuoco, che  subisce un cambiamento repentino senza motivo e la Fata turchina troppo sopra le righe mentre farnetica teorie ampollose. Infine l'ultimo capitolo é sovrabbondante, verboso e ripetitivo, Klune avrebbe potuto mettere il punto finale molte pagine prima. 
Insomma questa volta la favola non è del tutto riuscita. 


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