Recensione 10: "Come l'insalata sotto la neve" Luca Gallo 5/5

 Il personaggio interpretato da mia madre era quello della moglie perfetta, mio padre aveva il ruolo principale del padre padrone e un po' fuori di testa, a Tari era stata data la possibilità di interpretare l'eroe ma a causa mia aveva perso il ruolo, io non sono che una comparsa, anzi meno, io sono un riflesso sulla lamiera. 
Rigato. Deformato. Ondulato. Muto.


Come l'insalata sotto la neve, Luca Gallo


Scelta del libro:
Per la challenge viaggio nel caos organizzato dalla pagina delle Ladre di Libri al centro del caos  mi sono messa alla ricerca di un libro che avesse in copertina una verdura. La ricerca mi ha portato a scovare questo: Come l'insalata sotto la neve, di un autore a me sconosciuto. 
Una ricerca fruttuosa: l'immagine di copertina ed  il titolo, che mi ha incuriosito e non poco, contengono una verdura. 


recensione, punto di lettura


Trama:
Gambier  è un tredicenne che vive a Torino, in un piccolo mondo per bene. 
Gambier è un nome insolito, come quello del fratello maggiore, Tari, nomi scelti dal padre dispotico. Derivano entrambi dai tannini vegetali che sono composti simili all'acido tannico, fondamentali per conciare le pelli. Acidi naturali di cui il padre è grande sostenitore nella conceria in cui lavora. Il Gambier è ricavato da un succo, il Tari è ricavato da un frutto.

A Gambier piacciono le parole, le parole difficili, gli piace cercarne il significato nel vocabolario per poi vantarsi con gli altri. 
A Gambier piace Emma la compagna di classe, alternativa, bella, impegnata socialmente. 
A Gambier piacciono i film con Bud Spencer e Terence Hill,  i film di 007 e condivide questa passione cinefila con il fratello Tari, il suo idolo. 

Gambier non ama l'inglese, non è piacevole da ascoltare, non è piacevole da parlare, e così i CD musicali sono dischi compatti, il  computer  è il calcolatore elettronico, il bus è il mezzo pubblico, internet non lo chiama, non lo usa. 

Gambier sa che la madre interpreta, con poche sbavature,  il personaggio della moglie perfetta:  non si oppone mai, non si arrende perché non ha mai combattuto, giustifica, con una deferenza che fa rabbia, il marito folle e le sue azioni esecrabili.
Gambier  costruisce intorno al ruolo del padre padrone una teoria secondo la quale ad ogni promozione e ascesa nel lavoro (da reparto scannatura, a conciatore, a tintore di pelli) coincide  una nuova fase di assenza, di silenzi, di violenza  in casa. 
Se fosse necessario individuare un colpevole per l'oggi indicherei la promozione! 

Gambier ad un certo punto perde l'uso della parola, gli specialisti che provano a curarlo dicono che deve ritrovare la felicità  per recuperare la parola. 
Ma la parabola di Gambier è un'altra e piano piano la  felicità gli viene sottratta invece di addizionarsi, tanti pezzettini di felicità che se ne vanno, in un processo di ottundimento, fino all'epilogo finale che lo riporta al punto di inizio: Gambier insalata sotto la neve. 


La storia narrata in prima persona  inizia dalla fine, da Gambier sotto la neve: l'indagine a ritroso continua a non rivelarmi nulla di buono. Ma non è questa la vita vera. C'è stata una vita precedente simile a quella delle persone, una vita con un fratello, amici e ragazza dei sogni. 


Il mio punto di lettura:
Scrivere il mio punto di lettura questa volta non è facile. Questo libro mi ha spiazzato, mi ha travolto, ha fatto crescere in me un forte sentimento di tenerezza, una voglia di protezione ed una reticenza ad arrivare al finale, dove mi attendevano pagine che non volevo leggere. 
Ho dovuto riordinare le idee per scrivere di Gambier perché troppe sono state le parole, le frasi, le pagine, segnate nel mio taccuino durante la lettura. 

Non vedo, non sento, non parlo, circostanze che rendono la mia situazione mancante, sfuggente e misteriosa. 
L'insalata sotto la neve rende perfettamente l'idea. Anche lei non sente, non vede, non parla ma esiste e resiste. In paziente attesa della primavera.

Un evento violento, preannunciato,  ha portato Gambier sotto la neve. Una scelta personale, di autodifesa, lo spinge a rimanere sotto quella coltre protettiva: non parlo rimango allegramente insalata, tanto per quello che c'è  lì fuori!
Ma non fatevi ingannare, sotto la neve c'è silenzio, è vero, e Gambier non parla ormai da molto tempo, anche questo è vero,  ma proprio lì sotto  inizia a  ricordare, anche se avrebbe voluto dimenticare ed il suo racconto è così pieno che nonostante la neve ed il silenzio  mi sono sentita come dentro ad un frullatore di parole e lo shakeraggio è stato bellissimo.
Questa dicotomia tra  il silenzio nei confronti della violenza familiare ed il fracasso delle parole di Gambier  che ci offre le sue giornate, le sue avventure-disavventure, il suo modo di trasfigurare la realtà in film di cui ci narra la colorita sceneggiatura, è l'aspetto stridente che più mi è piaciuto. 

E qui arrivo alla bravura dell'autore  nell'uso della parola scritta. Ci sono passi di una bellezza compositiva ed una finezza di pensiero che ho trovato in pochi libri. Le parole creano musica ed in questa storia l'autore ha composto una sinfonia, ma il tutto ci viene offerto in modo semplice, colloquiale  e grazie a due espedienti, che ho trovato geniali, il lettore si ritrova a pensare che è un tredicenne a scrivere il racconto. Il primo elemento sono i titoli dei capitoli: ogni titolo è un vocabolo, scelto da Gambier, con la sua spiegazione così come ci viene offerta dal dizionario; il  secondo elemento sono le parole in inglese che vengono scritte così come si pronunciano: Look  è scritto luk, Walkman è riportato uolkmen,  Playstation è pleistescion. 
Il lettore legge  Gambier, il suo amore per i vocaboli, il suo odio per l'inglese. 

Chiudo, salutando a malincuore Gambier, con una sua riflessione fatta nelle ultime concitate pagine:
Le botte mi sembrano un'intimidazione insufficiente per soggiogare una famiglia. 

Corro a cercare l'altro romanzo di Luca Gallo: Prossima fermata trambusto



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