Recensione 35/171. L'effetto farfalla di Diechirico

Come ho fatto per il primo volume, Come piangere sott'acqua (qui la recensione) e per il secondo L'estate di San Martino  (qui la recensione) non troverete la sinossi, impossibile ricostruirla.

L'effetto farfalla è il libro che chiude il cerchio, che svela tutti i trucchi del mestiere, che incastra ciò che ancora non era al suo posto, fissando tutti gli ultimi pezzi di un enorme mosaico.
Ed è proprio così con l'effetto farfalla l'autore tappa le crepe lasciate nei primi due volumi e  lo fa nel modo che contraddistingue la sua scrittura: addensando le parole.


Avrei dovuto essere preparata alla valanga di parole eppure è vero che non si è mai del tutto pronti. In questo chiusura ci sono tutti: André, Lou Jeanne, Franz, Clamence per raccontarci i pezzi di storia mancante; Ettore e Fritz per raccontarci la loro personale storia. Tutto torna, tutto ha una sua spiegazione e devo fare i complimenti all'autore per aver orchestrato una trama così complessa, sviluppata su tre volumi, ed essere riuscito a non dimenticare nessun dettaglio. La fortuna di aver letto i tre libri di seguito mi  ha permesso di cogliere meglio i tanti collegamenti, mi ha permesso di incastrare gli eventi ma c'è di più. L'effetto farfalla non è solo l'epilogo di una serie di vite intrecciate è anche e soprattutto il libro dove si scoprono le carte, gli strumenti del mestiere, dove vengono svelate le vite di Ettore e Fritz, non a caso a loro sono dedicati i capitoli più lunghi. É con questi personaggi che Diechirico rende partecipe il lettore del suo gioco: realtà e finzione si alternano  passandosi di continuo il testimone mentre il lettore é il vero testimone degli accadimenti e solo nelle ultime pagine  scoprirà le reali identità di Ettore e Fritz. Da qui si dovrà ripartire,  a ritroso, scorrendo di nuovo la storia, avanti e indietro, indietro avanti per capire cosa è vero e cosa non lo è. Una danza sulla sinfonia delle parole.

Nella prefazione, molto apprezzata, l'autore ci lascia guardare nella  valigia degli attrezzi descrivendo il lungo lavoro di stesura di questa storia.
Ho iniziato a scolpire anziché scrivere. Ho prima abbozzato, scrivendo in maniera abbastanza rapida, la sequenza della storia, affinché quasi tutto potesse incastrarsi. Ho generato, in altre prole, una successione di contenitori, più o meno vuoti, senza prestare particolare attenzione al contenuto, ma solo ad una certa forma. Subito dopo  ho iniziato a sgrezzare ciò che avevo messo nero su bianco, ciò che avevo utilizzato come riempitivo.  
Leggendo il passo mi è venuto in mente il lavoro di Michelangelo il quale affermava che ogni statua è già dentro la  pietra, lo scultore deve solo togliere il soverchio.  Ecco Diechirico ha lavorato allo stesso modo anche se in alcuni brani, soprattutto le pagine con le  lunghe riflessioni di Ettore, mi sono sentita soverchiata dalle tante parole, forse qua e là la storia non é stata del tutto liberata perdendo di fluidità.

Ringrazio ancora Diechirico per aver messo a disposizione le copie della trilogia  e per aver costruito una storia assurda e reale.

Commenti